"l' Arte è l'anfetamina del vivere
quotidiano" G. Saccomano





giovedì 5 novembre 2015

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JAMES BOND e
IL FASCINO SOTTILE DEL CATTIVO
di Gianpaolo Saccomano
(2° parte)


I villain Kananga/Mr.Big e Franz Sanchez, rispettivamente Yaphet Kotto in “Vivi e lascia morire” e Robert Davi in “Vendetta privata”, introducono elementi di contemporaneità e di realismo nelle attività criminali dei villain bondiani.

  
Sono infatti trafficanti di droga su scala mondiale, quindi sostanzialmente interessati al profitto personale, e per una volta lasciano in secondo piano i deliranti progetti di dominazione mondiale. In particolare, Robert Davi, bravo attore, specializzato in ruoli negativi, anche per via del suo caratteristico viso butterato, rimanda esplicitamente al vero narcotrafficante del cartello colombiano Pablo Escobar e conferisce un po’ di mordente alle non eccelse prestazioni dello 007 di Timothy Dalton, rubandogli spesso la scena e tratteggiando una temibile e convincente figura di criminale dei giorni nostri.


Se del Gustav Graves  di Toby Stephens, invece,  in “La morte può attendere” (2002) possiamo solo dire che è il solito uomo d’affari sofisticato, rude ed arrogante, che ha in progetto di annientare le difese della Corea del Sud per permettere l’invasione di quella del Nord e che la trasformazione estetica subita da Tai Sun Moon è assai poco credibile, maggiore attenzione la merita senz’altro Elliot Carver, il villain de “Il domani non muore mai” (1997), interpretato da un magistrale Jonathan Pryce, mai così viscido, cinico e spietato. Carver, che deve più di un dettaglio ispirativo al vero magnate delle comunicazioni mondiali Joseph Murdoch, è uno dei “signori” mediatici internazionali ed ha progettato di scatenare un conflitto tra la Cina e il Regno Unito per mezzo di una nave stealth (invisibile a radar e satelliti) che, con un sistema GPS modificato, affonda una fregata della marina inglese, addossandone poi la colpa ai cinesi.


Carver che, come molti dei villain che abbiamo appena citato, ha come vero scopo l’arricchimento ed il potere mondiale attraverso un aumento esponenziale dell’audience mediatica, ha però una peculiarità del tutto inconsueta per un cattivo bondiano: è regolarmente sposato con la bella e affascinante moglie Paris (Teri Hatcher), punto debole del suo team criminale, dato che lo tradirà di nuovo proprio con il Bond di Pierce Brosnan (con il quale aveva avuto una liason precedente). In tempi più recenti Max  Zorin, Renard e Raoul Silva hanno saputo conferire alla sarabanda dei nemici di Bond, degli elementi di maggior aggancio con il business della tecnologia e della medialità, cui si aggiunge una variante di carattere psico-comportamentale.

 
Ovvero, siamo di fronte, in tutti questi casi, ad una attenuante di carattere fisiopatologico alla malvagità degli antagonisti di Bond, cha va ben oltre alle consuete anomalie fisiche esteriori (cicatrici, arti artificiali, denti d'acciaio...) che avevano in un certo senso "marchiato" quasi lombrosianamente i cattivi precedenti,  a ciò si aggiunge, anche una certa dose di sofferenza interiore. Come nel caso di Renard/Viktor Zokas, il terrorista russo interpretato da Robert Carlyle, ne "Il mondo non basta" (1999), che a causa di una pallottola piantatasi nel cervello, ha perso la sensibilità al dolore e ad alcuni stimoli sensoriali ed afferma "Non puoi uccidermi. Io sono già morto", oppure quello di Max Zorin, "Bersaglio mobile" (1985),cui presta il volto un notevole Cristopher Walken (sapevate che in origine il ruolo era stato previsto per David Bowie?..) e che si connota per la sua lucida follia di sterminio, derivata da una serie di sperimentazioni genetiche, di matrice nazista, che lo hanno reso uno psicopatico.


Recentissimo (Skyfall, 2012) è poi il Raoul Silva interpretato da uno Javier Bardem, inquietante e problematico quanto il suo killer psicotico de "Non è un paese per vecchi", talmente sopra le righe da regalarci una performance attoriale simile a quella del Joker di Heath Ledger, sempre in bilico tra scherzo e crudele realtà. Il cyberterrorista, ex capo sezione MI6, è mosso da uno spietato desiderio di vendetta contro M e il servizio segreto britannico e per questo organizza azioni criminali di tutti i generi vendendole poi attraverso la rete informatica. Come i già citati Zorin e Renard, Silva è fisionomicamente sfigurato e mentalmente disturbato e conferisce una forte teatralità alle sue azioni: accenna ad una presunta omosessualità (altra novità per i villain di 007, anche se già Mr.Wint e Kidd, i tirapiedi di "Una cascata di diamati", sono di fatto una coppia gay...) e arriva al punto di riproporci visivamente una situazione del tutto simile alla fuga dalla cella di massima sicurezza di Hannibal Lecter ne "Il silenzio degli innocenti".


Giunti a questo punto ci chiediamo allora quale sia “il nemico per eccellenza” nella saga cinematografica bondiana e, concordiamo con la maggioranza dei fan, nel consegnare la palma della vittoria all’inneffabile Francisco Scaramanga, interpretato da Christopher Lee ne “L’uomo dalla pistola d’oro” (1974), uno dei momenti di massimo splendore della sua notevole carriera di attore. Un’interpretazione, quella di Lee, che conferisce un fascino notevole a questo super-killer, figlio di artisti del circo, raffinato ed acculturato, che pur avendo raggiunto l’apice del suo malvagio operato, si mette in gioco continuamente con un unico obiettivo: quello di uccidere James Bond, il suo nemico numero uno. Scaramanga diventa così una sorta di alter ego cattivo di 007: come lui ama il gusto e le belle donne, come lui si serve di una quantità di gadget tecnologici e possiede un auto esclusiva (un coupè American Motors) dotata di un dispositivo che le consente addirittura di volare, utilizza poi un’ arma piuttosto insolita (una pistola d’oro che si assembla con un accendino, un portasigarette e una penna)… ma, soprattutto, come lui possiede un indubbio magnetismo ed un’eleganza innata, che si esalta ancor più grazie alla sua fisicità mediterranea,  contrapposta in maniera molto azzeccata al very british style di sir Roger Moore.


Colpisce molto l'idea di scegliere un sicario come immagine allo specchio per il nostro Bond:  forse per contrastare l'uomo che uccide in nome del denaro ci vuole l'uomo che uccide in nome del suo paese. Ironia della sorte, sia Moore che Lee avevano cominciato insieme, venticinque anni prima, con una particina nel film Trottie True…


Concludiamo questo excursus (necessariamente limitato) sui cattivi bondiani, con una riflessione sul nostro eroe: James Bond è un po’ il “cattivo sublimato”… perché è cattivo in nome di un ideale,come Che Guevara, Fidel Castro, Gheddafi, Bin Laden, ed i loro simili, che hanno fatto i cattivi per una causa, giusta o sbagliata, di qualsivoglia ideologia. Non dimentichiamoci, infine, che dei sei interpreti di 007, Pierce Brosnan è stato il più sanguinario, uccidendo in media diciannove persone a film; George Lazenby, nonostante sia l’unico ad aver girato solo una pellicola nei panni di Bond, è stato il più fortunato con le donne (addirittura più di Sean Connery!); mentre, Timothy Dalton ha preferito eccedere in consumo di alcool, ma mai quanto Daniel Craig, l’attuale James Bond, che ha una percentuale incredibile di vodka-Martini ingurgitati! Questa è la vera seduzione di James Bond.. non è semplicisticamente l’essere spietato e in un certo qual modo “cattivo”… di cattivo, fatto fuori uno ne arriva subito un altro, pronto a prendere il suo posto. C’è sempre, insomma, un nemico da combattere, perché “il male” è sì duro a sconfiggersi ma è intrigante da vedere...



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martedì 3 novembre 2015

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articolo 


JAMES BOND e
 IL FASCINO SOTTILE DEL CATTIVO
di Gianpaolo Saccomano
(1° parte)
 
Non sono stati necessari più di tre o quattro film della serie più longeva della storia del cinema per capire che i nemici di Bond, coloro che non vogliono conquistare qualcosa, ma il Mondo intero, rientrano più o meno tutti in un determinato cliché.  Questi super-cattivi, nonostante abbiano escogitato dei piani ingegnosi e machiavellici,  catturano spesso, ma non uccidono, il protagonista e gli svelano il loro piano per narcisismo, facendosi aiutare da bizzarri guardaspalle e donne bellissime che, il più delle volte finiranno per tradirli, preferendo il fascino di Bond. Hanno a disposizione ingenti risorse economiche  e potere e ciò nonostante vogliono arricchirsi ancor di più o dominare l’intero genere umano… sono tutti megalomani e, in un certo senso, si sentono onnipotenti; in realtà sono schiavi delle loro ossessioni, a tal punto da andare incontro ad una sicura sconfitta.

Questi comportamenti sono già tutti presenti, anche se in maniera ancora accennata  e per alcuni versi, ingenua, nel primo episodio cinematografico della saga di 007, quel famoso “Licenza di uccidere” che dal 1962 diede un grande successo all’agente segreto personaggio/mito della storia del cinema. In questo articolo ci occuperemo, per ovvie ragioni di spazio, solo degli avversari in pellicola del nostro Bond, sottolineando subito che molti di essi hanno anche un’origine letteraria ben definita nei romanzi  di Fleming, ma che nella maggior parte dei casi il cinema li ha modificati, anche radicalmente.


 Apre dunque la galleria, proprio il Dr. No, interpretato, con studiata freddezza, da Joseph Wiseman, attore newyorchese di formazione prevalentemente teatrale. Il famigerato dottore, figlio illegittimo di un missionario tedesco e di una ragazza cinese di buona famiglia, è un emissario della SPECTRE che vive su un'isola circondata da una barriera radioattiva ed è intenzionato ad ostacolare la corsa allo spazio degli americani, deviando la rotta di alcuni vettori per satelliti.  Se il dr. No già mette in luce le caratteristiche fondamentali del “nemico bondiano”, a delinearlo in maniera inequivocabile è poi Auric Goldfinger, supercattivo dell’omonimo “film-missione” del 1964. Sarà un attore tedesco che era stato notato dalla production di 007 per la sua interpretazione di un serial killer di bambini e che reciterà anche con Visconti, De Sica e Bergman - il bravo Gert Frobe - a vestire i panni di un personaggio che sarebbe potuto sulla carta  risultare anonimo e piuttosto prevedibile e lo farà con tale abilità da risultare a sua volta vittima di quella che è l’unica sua passione di vita: l’oro.


Goldfinger è, infatti, un magnate dell'oro che, per diventare ancora più ricco, escogita un piano per rendere radioattiva la riserva aurea di Fort Knox negli Stati Uniti, contaminandola per decenni e facendo così triplicare il prezzo dei suoi lingotti. Goldfinger,  a dispetto del suo sguardo buono e del suo colorito rubizzo, va ricordato purtroppo anche come uno dei più originali e spietati assassini della saga di Bond, dato che per mettere a tacere per sempre l’avvenente “gola profonda” Jill Masterton la ricopre interamente di polvere d’oro (novello re Mida…) dalla testa ai piedi, soffocandola. L’ossessione dell’oro e della ricchezza  è un tratto comune di almeno due dei successivi “Bond villains”: l’Emilio Largo di “Thunderball” e il Carl Stromberg di “La spia che mi amava”, che vivono ed agiscono in base ad altrettante fissazioni. Indimenticabile il nostro Adolfo Celi (scelto dalla produzione  per attirare maggiormente il pubblico europeo in un periodo in cui la cinematografia italiana era molto in auge) che si cala nei panni di uno dei cattivi più significativi e "carogna" della cinematografia bondiana.


In "Thunderball" (1965) il suo Emilio Largo è un intrigante numero 2 della SPECTRE, massiccio, granitico e con benda piratesca sull'occhio,potentissimo uomo d'affari (loschi!) che si prodiga nel tentativo di usare due testate nucleari, rubate per provocare un conflitto internazionale. A fargli da cornice, oltre alle location mozzafiato delle Bahamas, squali famelici in acque cristalline, panfili ultramoderni e bellezze da sogno, come quella della Domino di Claudine Auger, il tutto impreziosito da sequenze subacquee da antologia del cinema. Curd Jurgens, invece, corpulento attore dallo sguardo magnetico e dalla presenza impeccabile, è stato spesso legato a personaggi turpi, sadici e cattivi (tra cui ruoli da ufficiale nazista…), e viene considerato il più versatile attore tedesco del XX secolo, capace d’eseguire performance eccellenti anche in film mediocri. In “La spia che mi amava”(1977) impersona Karl Stromberg e lo fa in maniera convincente.


Stromberg è un uomo di potere, le cui personali convinzioni costituiscono una grave minaccia per la nostra civiltà: egli ci considera condannati ad una inevitabile decadenza, perché oramai troppo coinvolti in un irreversibile processo di autodistruzione (che abbia avuto doti profetiche, dati i tempi che stiamo vivendo?...). L’unica salvezza è l’alba di una nuova civiltà sub-acquatica di cui la sua futuristica  base anfibia Atlantis costituisce il punto di partenza. Sostanzialmente è un villain interessante, più vicino ad Hugo Drax che non agli emissari della SPECTRE.


A non attirare di certo le simpatie del pubblico è appunto Sir Hugo Drax, cattivo a tutto tondo in “Moonraker” interpretato nel 1979 da Michael Lonsdale, grande attore francese (un Cèsar!) che ha recitato con registi del calibro di Welles, Truffaut, Olmi e Bunuel e che conferisce a questo folle magnate, dalle ostentate simpatie per gli ideali nazisti e dalle progettualità bibliche, un’inesorabile mancanza di emotività e di empatia, perfetto contraltare all’inconfondibile sense of humour dello 007 di Roger Moore e alle simpatie che la grottesca invulnerabilità di “Squalo” e la sua fanciullesca conversione al bene, generano nello spettatore anche più smaliziato.  La cattiveria di Drax è specchiata, lineare, priva di sfaccettature o di ripensamenti e rappresenta un male classico e assoluto. Drax è un uomo ricchissimo e potente che non vuole conquistare il mondo, ma addirittura ripulire l’intera razza umana dalla moltitudine di coloro che non rientrano in determinati canoni estetici e comportamentali e che sono motivo di corruzione e degenerazione dell’essere umano. Per lui non si può provare che antipatia e disapprovazione e proprio per questo la sua è una “malvagità innocua” che agisce solo a livello emotivo superficiale.


Non molto diverso è il discorso per l’inquietante Ernest Stavro Blofeld  che per la prima volta svela il suo volto, incarnato da Donald Pleasence in “Si vive solo due volte” (1967), ma che già è stato delineato - con studiati coup de scene e apparizioni parziali - nei film precedenti. Il capo della SPECTRE è impegnato anch’egli a distruggere il mondo, scatenando la Terza Guerra Mondiale tra le superpotenze durante l’epoca della Guerra Fredda.  E Pleasence, attore eccellente ed icona della Hammer Film  production, è tanto bravo a trasmetterci sensazioni di paura ed ineluttabilità nella parte della vittima terrorizzata in alcuni dei suoi ruoli horror li, quanto sinistro e malefico nei panni del super-cattivo per eccellenza, coadiuvato da una maschera scenica fatta di sicurezza, freddezza e grosse cicatrici, cui si aggiunge la consueta trovata di raffinata eccentricità dello splendido persiano bianco da accarezzare. Assolutamente da rivalutare, come tutto il film del resto, il Blofeld interpretato successivamente da un beffardo Aristotelis “Telly” Savalas ne “Al servizio segreto di sua Maestà” (1969), per il quale lo “scafato” sceneggiatore Richard Maibaum dovette inventarsi lo stratagemma della plastica facciale, per giustificare il cambio di fisionomia dell’antagonista bondiano per eccellenza. Savalas attore di origini greche, già protagonista di numerose pellicole hollywoodiane di successo, prima di restare imprigionato per sempre nel personaggio dei tv-movie del tenente Kojak, ci regala un’interpretazione raffinata, supportata in maniera eccellente da un’ambientazione mozzafiato come quella del ristorante Piz Gloria: edificio che ruota intorno ad un asse centrale, sulla vetta dello Schilthorn, permettendo una panoramica emozionante sulle alpi svizzere, Eiger compreso...


Una vicenda che contiene molte novità nella saga bondiana ed è impreziosita da quella sottile ironia (che sarà il tocco vincente delle future pellicole con Roger Moore) nonchè da sequenze d’azione di alto livello, dove la fanno da padroni le specialità invernali e le minacce biochimiche, capaci di dar corpo con notevole anticipo sui tempi, ad una delle angosce principali della nostra società: la paura del contagio, della pandemia. Personalmente uno dei miei villain preferiti, questo Ernst Stavo Blofeld di Savalas…  Veniamo ora a Tov Kronsteen, interpretato da Vladek Sheybal in “Dalla Russia con amore” (1964), che, pur essendo di fatto un emissario della Spectre, ha parecchi elementi in comune con il futuro Le Chiffre: fisico longilineo, viso spigoloso e sguardo penetrante e particolare, sorriso raro (una smorfia!) appena accennato.

Entrambi sono perfidi calcolatori e geni matematici (Kronsteen è un campione di scacchi) ed entrambi faranno una brutta fine per mano dei loro stessi capi, avendo fallito il loro compito nell’organizzazione. Probabilmente ispirato proprio a Kronsteen, ma assai più significativo, il personaggio di Le Chiffre in "Casino Royale" (2006) che l'attore rivelazione Mads Mikkelsen tratteggia superbamente, elevandolo, da semplice intermediario, a vero e proprio "cattivo" bondiano. La sinistra inespressività dell'interprete danese conferisce qualcosa di inquietante e di sofferto a questo banchiere e finanziatore del terrorismo internazionale, impegnato in una drammatica partita a carte con Bond, che si trasformerà ben presto in un vero e proprio duello mortale. Le Chiffre, genio della matematica e degli scacchi, dall'incarnato pallido e dall'impeccabile completo con camicia nera, è asmatico ed affetto da emolacria (sanguinamento oculare) e tradisce appena le sue emozioni, per via di qualche tic nervoso. Anche se verrà eliminato in un batter d'occhio da un sicario della SMERSH per conto dell'organizzazione, insoddisfatta, alla quale ha sottratto denaro per scopi personali, nelle sue decisioni, si rivela un vero serpente a sonagli e darà a 007 del filo da torcere, al punto di farlo avvelenare e poi a torturarlo e metterne a rischio la virilità.


Una curiosità, Ian Fleming, sosteneva di essersi ispirato al sinistro occultista Aleister Crowley nel tratteggiarlo...
Quanto a Kamal Khan, un Luis Jordan (anche fin troppo compassato) è un sofisticato principe afgano in esilio, interessato ai gioielli esclusivi e alle prelibatezze del palato). In “Octopussy” (1983) è senz’altro personaggio meno intrigante e messo in ombra dal compare generale Orlov, più canaglia e in perfetta linea con la nutrita schiera di grandi ufficiali traditori e golpisti che abbondano nelle pellicole bondiane.


(1- continua)
 
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venerdì 30 ottobre 2015

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INSEGUIMENTI E AUTO
 DI JAMES BOND
di Gianpaolo Saccomano
 
 
 
Cari amici Bondiani, donne bellissime e auto da sogno sono elementi caratterizzanti del mito dell'agente segreto più famoso del mondo. Eccovi dunque una selezione di alcune delle migliori scene di inseguimento (in auto e moto) nei film di James Bond.
 
 
 

 
Sono una ventina di minuti di sequenze mozzafiato, che farebbero invidia anche ai piloti di Formula 1!
 
 
 
Tra le splendide auto usate (e molto spesso distrutte) da Bond, io ho una preferenza per l'Aston Martin dbs, ma il fascino della Lotus esprit che diventa subacquea di "La spia che mi amava"non ha paragoni!
 
 
 
 
 

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thanks to  Ioanna Asmeniadou-Phocas for youtube sequencies


martedì 27 ottobre 2015

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I MIGLIORI STUNTMEN
 NEI FILM DI JAMES BOND
di Gianpaolo Saccomano

 
 
Gli stuntmen e le controfigure nei film di 007 sono fondamentali per la realizzazione delle incredibili scene mozzafiato che hanno reso celebre la serie in tutto il mondo, ma quali sono i più importanti stunts che si sono cimentati in queste imprese, al limite dell'impossibile, senza ricorrere agli effetti speciali in computer grafica?
Scopritelo con me, dando un'occhiata a questo breve filmato
 
https://www.youtube.com/watch?v=SPOCUZ7h6S8 


Personalmente, trovo il volo sugli sci di RICK SYLVESTER veramente incredibile, insieme alle sequenze aeree di BJ WORT e JAKE LOMBARD... ma una menzione d'onore va al "vecchio" Remy Julienne e ai suoi camion che rimbalzano e capottano sull'asfalto come fossero modellini!
 
 
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venerdì 23 ottobre 2015

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MY NAME IS BOND. JAMES BOND!
 
 
  • "Mi chiamo BOND.JAMES BOND!"
  •  Quanti di voi non hanno mai provato a pronunciare la fatidica frase presentandosi per scherzo o nel tentativo di risultare più affascinanti e seducenti?
  • Cari amici Bondiani, vi sottopongo un breve montaggio video di "introducing mr. Bond" da parte di tutti gli attori che hanno impersonato l'agente segreto più famoso del Mondo.
ascoltatelo più volte, fatevi la vs. personalissima classifica e scrivetemi pure.
Al sottoscritto piace di più la sorniona eleganza del grande ROGER MOORE, anche se devo ammettere che il buon CONNERY è comunque un SOLIDO marchio di fabbrica!
 
My name is Saccomano, Gianpaolo Saccomano
 

lunedì 19 ottobre 2015

personali di pittura

 
I TEMPLARI E L'ORDINE CAVALLERESCO
 NELL'ARTE DI PAOLO RANIERI
presentazione critica a cura di
GIANPAOLO SACCOMANO

 
 
La Storia al centro dell'Arte,
l'Arte al centro della Cultura
 
vernissage con mia partecipazione alla mostra personale del
 M° PAOLO RANIERI.
INAUGURAZIONE SABATO 24 OTTOBRE  ore 17,30
Castello Avogadro di Quinto Vercellese (VC)
ingresso libero 




lunedì 28 settembre 2015

Cinema e Musica

Anteprima ROGER WATERS - THE WALL
recensione di GIANPAOLO SACCOMANO
 


 

 
In un momento particolarmente celebrativo per i Pink Floyd (e David Gilmour nello specifico), il geniale e controverso ex-bassista della band, Roger Waters, rilancia il suo capolavoro monumentale “THE WALL”. Il film-concerto, basato sulla esecuzione dal vivo della celebre opera rock, non ripropone soltanto la grandiosa performance che Waters ha portato trionfalmente in tour dal 2010 al 2013, ma lo attualizza e lo spettacolarizza ulteriormente, accentuandone le caratteristiche di viaggio metafisico nella vita e nella psiche dell’artista.

 
 
Waters afferma, giustamente, che The Wall è una sorta di seduta psicanalitica “in fieri” ed un tentativo di liberarsi dalla sofferenza interiore per la perdita di suo nonno (durante la Prima Guerra Mondiale) e di suo padre (nel corso della Seconda Guerra Mondiale).
 


 

Scavando nel profondo della propria storia personale e della propria sensibilità, Waters e il regista Sean Evans affrontano tematiche universali come la guerra, la perdita dei propri cari, l’amore e la vita e, soprattutto, il condizionamento sociale messo in atto dal potere.  

 


 
La testimonianza di un orfano di guerra si trasforma così in un’opera rock, connotata da un forte spirito politico e umanitario, costruita seguendo le regole del film-concerto, in cui le esecuzioni dei brani sono inframmezzate da riprese esterne.Particolarmente significativa la scena del bicchiere della staffa, in solitario di fronte ad un barman imbarazzato e con le carrellate introspettive all'interno delle abitazioni e dei luoghi della memoria  del vissuto di Waters. La pellicola rappresenta un eccellente esempio di rock-theatre, arricchita dalla notevole resa sonora e dagli effetti speciali accuratissimi.
 
 


 

Il film non trascura nessuna canzone del concept-album, comprese le parti non incluse nel disco del ’79 e il tutto è contrappuntato da un viaggio, a metà fra documentario e fiction, girato in Inghilterra, Francia e nella ns. Italia al cimitero di Cassino.  
Girato in 4K e con un suono Dolby Atmos fedelissimo si avvale di una fotografia nitida e strepitosa che lo impreziosisce ancor di più sostenendone  l'efficace montaggio.

 


 
Interamente basato su un'idea di ciclicità generazionale, che si apriva e concludeva con lo stesso concetto ideologico, il messaggio di “The wall” è purtroppo attualissimo per ciò che si sta verificando all’interno di quell’entità politica fantasma che è la nostra Europa e ribadisce lo stesso concetto che avevo espresso, con Stefano Ratti, nel mio romanzo GILGAMESH - zona editrice: “i muri più difficili da abbattere sono quelli che abbiamo
dentro”…
 
 
 
Non è necessario essere un fan dei Pink Floyd per entusiasmarsi e non riuscire a star fermo sulla poltrona senza farsi trasportare dalla spettacolare proiezione di un tale evento musicale, che consiglio assolutamente a chiunque voglia rendersi conto di che cosa si continuerà ad ascoltare in futuro tra i capolavori della Musica (con la M maiuscola!) di fine Novecento. 
 
 
A suggellare l'irripetibilità dell'evento troverete anche un'intervista inedita a Waters con Nick Mason (batterista dei Pink Floyd) che rispondono ad alcune domande dei fans.
Insomma andatelo a vedere; da noi è in proiezione martedì 29 settembre ore 20 in contemporanea mondiale e poi ancora il 30 e il 1 ottobre.
 

le immagini contenute in questo post sono utilizzate solo a titolo esplicativo e si riferiscono a foto di scena del film ; se ritenute lesive dei diritti di copyright verranno immediatamente rimosse su segnalazione.

martedì 15 settembre 2015

recensione mostra


ARTEXPO A SORESINA

(COLLETTIVA D’ARTE A TEMA CON EXPO 2015)

di Gianpaolo Saccomano

 

Nell’ambito delle iniziative collegate ad EXPO 2015 organizzate dal comune di Soresina, vi segnalo la collettiva a tema degli artisti locali che potrete visitare liberamente fino al 27 settembre nelle antiche sale del Palazzo del Podestà. Aderenti alle tematiche della terra e dell’alimentazione, troverete una nutrita rappresentazione dell’arte prevalentemente pittorica che, per nostra fortuna, ancora si agita nel substrato culturale cremonese.

In queste 120 opere esposte ce n’è davvero per tutti i gusti e non me ne vogliano gli artisti che non citerò, non certo per manchevole talento, quanto solo per questioni di spazio e di mia propensione all’Arte moderna e alla sperimentazione.

 

In questo senso colpiscono per sintesi ed efficacia le tele piegate di Giuseppe Zumbolo, le suggestioni lineari di Bruno Premoli e le composizioni materiche di Massimiliano Manenti.



Per Zumbolo e Premoli, artisti di cui seguo il percorso pittorico ormai da anni, si tratta evidentemente di un cammino laborioso, fatto di variazioni cromatiche che scandagliano una specie di viaggio interiore, dove l’artista non si abbandona all’istintualità tout-court, preferendo formulazioni spaziali composte e controllate, che acquistano significato emotivo attraverso variabili cromatiche e lineari, reminiscenze materiche e prevalenze tonali.
Di Premoli possiamo dire che, se il suo perseguire una valenza pittorica in cui il colore, la forma e la materia si sostituiscono alla figura e al disegno per destare emozioni e sensazioni pure, allora ha ormai raggiunto un certo grado di equilibrio interiore, che traspare dal segno lineare e quasi geometrico.


Di Zumbolo - senza dimenticarne le sculture dinamiche monocromatiche - segnalo in particolare la tela piegata “Naturalismo”, le cui nuances verdi e azzurre, proprio perchè accostate con delicatezza armonica  alle linee di piegatura, stabiliscono efficacemente una continuità pittorica, che partendo dal dripping, attraverso il fauve, giunge ad una matura serenità, emotivamente depurata dalle istintività, tipiche dell’informale.

 
Interessanti sono anche le composizioni (a collage di legnetti smaltati?) di Massimiliano Manenti che, tratteggiando sagome di animali, acquistano una tridimensionalità quasi tattile e i preziosi assemblamenti a mosaico di Numa che trasmettono vitalità ai suoi galletti, orsi e gatti feroci.


Nell’ambito del paesaggistico e del figurativo, che sono ben presenti nell’esposizione, segnalo il post-impressionismo di Roberto Dellanoce, con i suoi corsi d’acqua fatti di tonalità delicate e calde, suggeriti da pennellate leggere e colori sfumati, ma non dimentico il tradizionalismo bucolico delle terre padane, ben rappresentate dalle pezzature morbide ed equilibrate di Agostino Capetti, o dagli acquerelli trasparenti ed espansivi di Nicoletta R. Astori, capaci di luminescenze vivide e dinamiche, non così scontate nella pittura verista.

 

Più alternative e provocatorie le chine fumettistiche di Mattia Bissolotti, volutamente grottesche e disturbanti, un po’ in “stile Frigidaire” (cioè underground comics), dove vediamo un simpatico zombie semi-smembrato che si accinge all’orrido pasto di un cervello umano.
 
In tono un po’ sommesso, com’è un po’ nel suo carattere, le poche opere scelte da Uber (Umberto Gatti) conosciuto pittore che racconta il suo rapporto con l’umanità dipingendo soprattutto volti, le cui narrazioni segniche si sciolgono sulla superficie della tela in bande lineari, con effetti di colore umbratile e materico.


Uno stile cui si collega anche “il Favo”, opera interessante e d’effetto di Beppe Verani,cui si deve anche il volto di donna con la mascherina (je suis lantre), le cui tinte, volutamente suggerite in sequenza computerizzata, promettono un’intrigante e sensuale raffinatezza.


















Concludo ribadendo la validità di quasi tutte le opere esposte nella collettiva, con un cenno alla ruvidezza dei colori di Fusar Poli, che accosta spatolate verdi e rosse su corpi di donna e scene agresti, con istintualità naive e quasi aggressiva, contrapponendosi alla morbida delicatezza delle tinte tenui nei paesaggi di Roberto Dellanoce che, nonostante l’illuminazione delle volte del Podestà sia a tratti piuttosto debole, trasmettono tepore e serenità.




 espongono gli artisti:      
                             
ANTONELLA AGNELLO, FRANCA DE PONTI, MARISA BELLINI, NICOLETTA ASTORI, PAOLO CABRI, BRUNO PREMOLI, MASSIMILIANO MANENTI, UBER, ANGELO ZANI NUMA, GIORGIO ARMELLONI, GIUSEPPE ZUMBOLO, ROBERTO DELLANOCE, ANDREA GHISONI, AGOSTINO CAPETTI, PAOLO LENTI, MARINO TORTA, MATTIA BISSOLOTTI, PIERANGELO SOMENZI, PRIMO MAINARDI, LUCIANO TOSETTI, BEPPE VERANI, PIETRO ZOVADELLI, TIZIANO FUSAR POLI, LUCIO ARZUFFI, ETTORE MONFERRONI, ULISSE GUALTIERI

Presso le sale del Podesta' di Soresina (CR) Via Matteotti,6
 dal 12 al 27 Settembre 2015
"Artexpo Incontro 2015"
Collettiva di pittura scultura gastronomia musica

orario di apertura mostra:
Venerdì e sabato 17.30-19.00
Festivi 10-12 e 15-19